Recensione di Maggio

Dio di illusioni di Donna Tartt, ovvero il perdersi inesorabile degli uomini

(The secret history)

Dio di illusioni significava per me pura curiosità. Un libro che tanto avevo visto recensire sul web, di cui si era parlato molto, un'opera di Donna Tartt, un thriller importante con una storia complicata. Narrata in prima persona da Richard, la vicenda si svolge nel Vermont, nel freddo college sperduto di Hampden, dove il protagonista approderà per scappare ad un'odiosa vita in California. Attratto dallo studio del greco antico, verrà a conoscenza che all'esclusivo corso tenuto dal professor Julian Morrow sono ammessi soltanto cinque studenti, cinque sfuggenti figure che per un po' Richard sarà costretto ad osservare da lontano, per poi essere finalmente accettato nel corso più strano del college. Tutto all'apparenza può sembrare bello e desiderabile. Ma ben presto il lettore si renderà conto che la realtà è molto diversa da ciò che sembra.

I cinque compagni di studio di Richard sono accomunati tutti per alcune caratteristiche: fascino, stile e molti soldi. C'è poi chi ce li ha davvero o chi soltanto li ostenta. Il più espansivo, caloroso e vivace del gruppo è sicuramente Bunny, che è il primo ad accogliere Richard e a mostrare anche i propri difetti: avidità, egoismo, una pungente cattiveria atta a ferire i propri compagni; poi c'è Francis, fascinoso e ambiguo, profondamente ipocondriaco, nervoso e fragile; i gemelli Charles e Camilla, "due angeli bianchi", bellissimi, simili in maniera inquietante; ed infine Henry, il più intelligente e solido del gruppo, distante dal mondo, un pezzo di ghiaccio che non si scioglie con nulla, che non si lascia toccare da nulla, che vive solo sui libri, che parla otto lingue ed è in grado di riuscire in tutto. Una macchina, inarrestabile. Un personaggio che pian piano prenderà sempre di più il sopravvento su tutti gli altri e li getterà all'ombra della propria volontà.

Tutta la storia è un ripercorrere con la memoria la vicenda del passato: il libro si apre con un omicidio compiuto, un atto terribile che macchia per sempre le mani dei personaggi, ma non si sa perché e non si sa cosa sia successo. Con pazienza bisognerà attendere di vivere i ricordi di Richard, il suo ingresso nel mondo di Hampden e del mondo della piccola compagnia ristretta di amici, i suoi dubbi nei loro riguardi, tutto ciò che sospetta e quello che poi in seguito scopre. Una rivelazione che lo lega inesorabilmente ai compagni e che lo renderà complice di un gesto efferato. C'è un punto di non ritorno nella storia, una soglia che viene varcata e che apre lo sguardo del lettore sulla vera realtà delle cose: cinque ragazzi, giovani, potenti, ricchi e belli, in un college isolato - e con professore che li isola ancora di più dal resto della scuola -, intenti nello studio del greco antico e dei grandi classici, della cultura e della letteratura greca. Con tutti questi elementi si crea un netto distacco da quella che è la morale, la vita del XX secolo in America e quella che questi giovani credono invece di star vivendo o di poter vivere. Intelligenti, ma ciechi, assorbiti da un mondo ormai morto. In loro si crea un'illusione dionisiaca che li porterà senza che loro se ne accorgano fino all'orlo di un baratro.

Due parole vanno spese anche per Julian, il professore, l'unico "adulto" che può avere accesso a questo circolo di giovani. Da quello che avevo letto credevo che Julian avesse un ruolo più attivo nella vicenda, invece mi sbagliavo. Il lavoro del professore nella storia è molto semplice: prendere questi ragazzi - che tra l'altro sono ragazzi profondamente soli, senza una vera famiglia su cui contare alle spalle - e diventare per loro l'unico valido punto genitoriale che hanno. Li assorbe, li attrae a sé per alimentare il proprio ego smisurato e le illusioni dei ragazzi. Li istruisce, annebbia la loro vista e la loro base morale. Lui permette, senza saperlo, che l'omicidio si compia. Permette che si arrivi al baratro senza capire davvero i danni che sta facendo. Julian è un personaggio tutto apparenza e parole, ma dietro quella maschera è vuoto e pavido, con un egocentrismo che non guarda in faccia nessuno. Una delle illusioni più potenti del libro e di cui ci si renderà conto troppo tardi.

Un altro elemento che testimonia quanto questi giovani siano in balia di loro stessi è il fatto che per 2/3 del romanzo siano ubriachi o drogati o comunque non lucidi. Ognuno di loro si nasconde dietro un'apparenza, nasconde accuratamente i propri segreti e si fa avvolgere da queste illusioni di sé - Richard per primo. Non direi che i personaggi di questa storia indossano delle maschere, semmai le loro qualità più abbiette non vogliono essere viste fino alla fine, quando il velo delle illusioni sarà rimosso e i ragazzi non potranno fare altro che guardarsi in faccia una volta per tutte senza via di scampo. E quello che vedranno non sarà tollerabile. 

Ho apprezzato molto questo romanzo, sebbene sia impegnativo e a volte abbia avuto un ritmo più lento e pesante. Nonostante questo, dà un quadro molto ben dettagliato di una situazione drammatica e sofferta: dei ragazzi soli, emotivamente vuoti e insoddisfatti, abbandonati ai loro tormenti, la cui intelligenza non permette di trovare rifugio in semplici droghe e alcool, ma che si ritrovano a fare qualcosa di più, di cercare di dare un senso attraverso una perdizione maggiore. Forse mi sto ripetendo, ammetto di star scrivendo molto di getto, ma voglio che il concetto sia ben chiaro. C'è tanta avidità di conoscenza e bellezza ed emozioni in questo libro. Tanto bisogno di colmare dei vuoti. Uno dei nodi focali di questo desiderio, per esempio, è Camilla, l'unica donna della storia. Se credete che tutto questo vi possa interessare, allora Dio di illusioni è il romanzo che fa per voi.

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